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felici i popoli di che la Divina Provvidenza poneva il freno nelle sue mani. Patria letizia, perchè son cresciuti i mezzi di confortare le tribulazioni di tante nostre sorelle, e perchè a queste Spose di Cristo qui presenti esulta il cuore pensando che i modi di sacrificar sè medesime in vero bene d' altrui si son resi più facili ed espediti. Non lo leggete voi forse, o Signori, questo santo gaudio sulle lor fronti? Non v'è garante di quanto faranno, quel che han fatto fin qui? Sì, io le conosco, e son ben lieto di protestare altamente innanzi a Dio, ed agli uomini, che queste Vergini generose hanno risposto, rispondono, e risponderanno alla loro missione !

Or su, dunque, o eredi dello spirito di Vincenzo, or su, queste Sale, e queste inferme son vostre! Qui faticate, qui sofferite, qui morite, senza cercare altro sguardo che quello di Dio, altro testimonio di lode che la coscienza, altra ricompensa fuor l'infinita che l'Autore della Carità tien preparata a' suoi martiri in Cielo!

giacente sostenuta dalla figlia inginocchiata, e sollevandola le promette assistenza. Nel piedestallo leggesi la seguente

iscrizione

IN QUESTA IMAGINE

DEL LORO PADRE S. VINCENZO DE' PAOLI

LE FIGLIE DELLA CARITÀ

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OSSERVAZIONI

INTORNO AL DECORO

CONSIDERATO

SICCOME UNA DELLE DOTI PRINCIPALI

DEL BELLO SCRIVERE

La parola decoro nella primitiva sua forza

grammaticale altro non significa se non se quella tal bellezza che risulta dalla convenienza, o dall' accordo delle qualità accidentali colla forma sostanziale del soggetto. Parlando però più propriamente di persona si prende nel senso di una certa dignità che può stare anche senza un' assoluta bellezza, sebbene la perfezione del decoro importi dignità congiunta a bellezza; ma non è mai che la bellezza disgiunta da dignità sia compatibile coll' idea di decoro. Quindi è che le grazie decenti presso Orazio rappresentano precisamente la bellezza messa nel miglior suo lume mercè della modestia e della compostezza. L'idea del decoro così circoscritta si applica poi per traslato a tutte le arti d'imitazione, chiamate comunemente liberali; e sotto questo rispetto significa l'imitazione del bello fatta con quella convenienza che è conforme alla maggior perfezione della natura. La quale perfezione siccome non mai può trovarsi appuntino ridotta al concreto, stante lo scadimento della

natura dallo stato perfetto appartenente all' ordine primitivo di creazione e deterioratosi in conseguenza della prima colpa, così forza è supplirvisi colla potenza immaginativa; coll' ajuto della quale si corregge qualsiasi deviazione dall' ordine, e si compone una bellezza più integra, che costituisce quel bello ideale che è lo scopo cui mirano invariabilmente le arti predette. Questo senso del bello ideale, diffatti, si riscontra in tutte le età, e presso tutte le nazioni, in gradi diversi per altro d' intensità, rispondenti ai progressi dell' umano spirito nella via della civiltà. Perocchè l' esperienza, l' osservazione, e la meditazione sono elementi indispensabili ad attivarlo, e a dargli tutta quella squisitezza cui possono raggiungere le umane facoltà assoggettate a conveniente disciplina. Quindi è, che coll' attività di questo senso si misura mai sempre la perfezione nei lavori d'immaginazione in generale, e più particolarmente in fatto di lettere. Dove gli autori che più vennero in fama di eccellenza, e che sotto tal rispetto vengono denominati classici, quelli sono appunto, che maggiormente s'accostano a questo tipo del bello ideale, e così quelli presso cui s'incontrano sovranamente osservate le leggi del decoro, di cui qui è discorso.

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S'ingannano dunque a gran partito tutti quegli scrittori, o studianti, i quali formatisi sui moderni oltremontani, inglesi specialmente e tedeschi, danno ad intendere a sè medesimi, ed agli altri pur vorrebber far credere, che lo scopo dell' arti d'imitazione si è il riprodurre immaginativamente la natura senza più, cioè come l'occhio corporale la

vede e prendendo con essa le deviazioni dall' ordine, gli sconci e gli aborti, donde più o meno trovansi accompagnati in concreto gli oggetti naturali.

E di vero potrebbe egli mai scaturire il diletto dall' imitazione di cosa di per sè fastidiosa, e ripugnante al comune sentire, o saprebbe piacere immaginato ciò da cui nella realtà sarebbe prodotto il disgusto? Ben succede talvolta che per la ragion dei contrasti torni gradito lo spettacolo di cose opponentisi fra loro, e dove di prima giunta sembra che il brutto trovi naturalmente suo luogo per mettere il bello in maggior rilievo. Ma ciò può stare sol quando siamo in termini di bruttezza meramente relativa, e non di assoluta deformità, la quale messa in campo, comunque si sia, ingenera sempre una impressione penosa che non può essere compensata dalla sua contraria che le succeda o le stia a riscontro. Il che mostrano affatto di non intendere tutti que' dipintori di positure esagerate e violente, i quali pretendono di farne grata sorpresa col trabalzarci di colpo dagli estremi più opposti, e coll' alternare i commovimenti più delicati ed anche leziosi con rivolture di stomaco proprie degli spedali, con ispaventi da patibolo o da cimitero, o con delirj da furibondo. Nè può far ostacolo a questa nostra sentenza l' esempio di alcuni scrittori, che pur sono in fama di eccellenza, quantunque impegnati per le vie di questa viziosa imitazione; perocchè l' eccellenza di questi tali sta tutta nelle parti preponderanti che più si conformano all' ordine, e dove s' ammirano bellezze così

T. XVI.

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sfolgoranti, che ampiamente compensano lo sconcio di quelle inegualità e bizzarrie, che non lasciano di render meno perfetti i loro lavori. D'altra parte vuolsi anche avvertire che di tal fatta stravaganze non s'incontrano assolutamente se non che ai due punti estremi della linea cui percorre lo spirito umano nel coltivare le arti e gli studj; negli esordj, cioè, della civiltà, quando per difetto di esperienza il gusto tiene tuttavia del greggio e dello scorretto, e per conseguente il senso del bello non è giunto ancora a quel grado di squisitezza che è proprio della natura razionale, e nell' esorbitare della medesima civiltà a leziosaggine e morbidezza, quando il senso del vero bello fattosi ottuso pel lungo e moltiplicato godere, vi succede una certa tal qual sazietà donde il bisogno d'impressioni nuove e di commovimenti disordinati, per far diversione, a qualunque costo, a quella noja che in tale stadio di vita civile si fa a rodere come tarlo le viscere dell' umana società. Ed è per l'appunto in quest' ultima condizione di tempi che sorgono d'ogni parte ingegni ambiziosi o leggeri che si lusingano d' avere la missione di scuotere dal suo letargo la pubblica svogliatezza pascendola di novità; i quali trovando troppo antico ed usato il vero bello, vanno in cerca di stranezze e di sconciature, e in luogo della delicatezza e del buon gusto fanno succedere il rumore e la ventosità.

Saremo noi troppo arrischiati se ci avanziamo a dire che simile o poco dissimile fosse il fatto della Letteratura italiana, sul cominciare del presente secolo? Certo è che la sua gloria omai giunta al

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