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E sua nazion sarà tra 'l Feltre e Feltro.

metafora, il Conte Giovanni Marchetti lo interpreta come un tacito rimorchio a coloro che, nel cacciar di Firenze il Poeta, lo condannarono ad un tempo nella somma gravissima di lire ottomila, e poi lo privarono de' suoi poderi. Del rimanente la lode qui data a Can grande risponderebbe a quello che di lui si prenunzia nel xvII. del Paradiso:

Parran faville della sua virtute

In non curar d'argento nè d'affanni.

105. E sua nazion sarà tra 'l Feltre e Feltro. Se questa fu la genuina e definitiva lettera dell' Autore (d' altro luogo ne sarebbe la discussione), si convertirebbe in certezza la verisimiglianza dell' allusione a Can grande. Che, sotto nome dell' astrologo Michele Scotto, corresse a' tempi di Dante il pronostico di una estension di dominio in favore dello Scaligero, è cosa innegabile, dopo le chiare parole di Giovanni Villani, il quale, ricordando la presa ch' ei fe' di Trevigi, dice adempiuta la profezia di Maestro Scotto, che il Cane di Verona sarebbe signore di Padova e di tutta la Marca Trivigiana. Per le cagioni avvertite dal Gozzi nella Difesa di Dante, non era strano che il Poeta ampliasse il pronostico, e dinotar volesse che la nazione o popolazione signoreggiata da Cane si stenderebbe da Feltre o dal Feltre (città e suo territorio nella Marca Trivigiana) sino a Montefeltro della Romagna. «Intanto, dice il Perazzini, s' estese egli sino a Trevigi, venticinque sole miglia lontano da Feltre. Anzi Feltre, Cividale e Belluno appartenevano alla Casa Scaligera fino dal 1300. » Ma ho detto: se questa fu la lettera definitiva nella intenzion del poeta; perchè da lui solo potremmo esser chiariti se l'altra lettera tra Feltro e Feltro, la quale ha dato luogo alla moderna sostituzione di Uguccione dalla Faggiola a Cane dalla Scala, fosse un arbitrio de' copisti, oppur la maniera che, prima od appresso, venisse da lui divisata o per favellare più chiuso nella indicazione di Cane, o per dinotare propriamente la patria ovvero il dominio di

Di quell'umile Italia fie salute,
Per cui morì la vergine Camilla,
Eurialo e Niso e Turno di ferute.
Questi la caccerà per ogni villa,

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Uguccione tra le Feltrie città di Macerata e di San Leo, siccome è parere del Troya. Il Canonico Gianjacopo Dionisi lasciò scritto che in molti luoghi di questa Comedia si poteva legger bene a due fogge. Quando questo avviene, perchè non può procedere dalla mano stessa dell' Autore? Sarebbe men verisimile che, o nell' avanzamento o nel termine di un lavoro che lo fece per molti anni macro, non avesse egli mai trovato luogo a qualche pentimento o mutazion del passato.

106. Di quell' umile Italia. Epiteto non opportuno, tolto da Virgilio, che l' usò opportunamente. Tasso. L'antico spositore lo intese applicato all' Italia, per li suoi peccati divenuta vile e bassa. Secondo Giovanni Lami, fu dal poeta accomodato all' Italia depressa dalle invasioni de' barbari e dalle interne fazioni.

107. Per cui mori la vergine Camilla. Questo luogo nasce dalla sentenza posta dal poeta più largamente nel suo libro chiamato Monarchia, e sparsa per tutta quest' opera che ab eterno fosse ordinato da Dio lo 'mperio in Roma, e la Sede Apostolica, come dichiara nel 2.o c.o Tu dici che di Silvio lo parente, ecc. E con simil modo quando parla nel 6." del Parad. E cominciò dall' ora Che Pallante morì per darle regno. CASTELV.

109. Questi la caccerà ecc. Qui intende quella che Dante chiamava (Volg. El.) armorum probitas. Nel Par. XVII, dice che Cane fu impresso nascendo dal forte pianeta di Marte, e che notabili saranno le opere sue. Cane doveva cacciare la lupa e battendo gli avari tiranni, e vincendo l'avarizia co' nobili esempj. Ivi: Le sue magnificenze conosciute Saranno ancora, sì che i suoi nimici Non ne potran tener le lingue mute... Per lui fia trasmutata molta gente, Cambiando condizion ricchi e mendici. Della liberalità di Cane tocca il Boccaccio. TOMMAS.

Fin che l' avrà rimessa nello inferno,
Là onde invidia prima dipartilla.
Ond' io, per lo tuo me', penso e discerno
Che tu mi segui, ed io sarò tua guida,
E trarrotti di qui, per luogo eterno,

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110. Fin che l' avrà rimessa nello inferno. Qui dice che la rimetterà nello 'nferno, e disopra che la farà morire con doglia; ma il primo è modo di parlare, o pur morire è rimettere in inferno. CASTELV.

III. Là onde invidia prima dipartilla. Dice Paolo: Invidia diaboli mors introivit in mundum, e Peccatum stimulus mortis, e Avaritia radix omnium malorum. CASTELV. Singolare da tutti gli altri spositori più conosciuti è Giosafatte Biagioli nella interpretazione grammaticale della voce prima. « Ho preso, dic' egli, la voce prima per addiettivo, diversamente dagli altri, perchè come avverbio parmi inutile, e come addiettivo sente di quel primo superbo altrove usato dal Poeta. La prima invidia fu quella dell' avversario d'ogni bene, il quale invidioso della felicità promessa all' uomo, indusse l'ardita femmina a trapassar il segno; ed allora, con gli altri rei animali, sbucò d' inferno la malvagia lupa, siccome pur anche allora Macies et nova febrium Terris incubuit cohors. » Ho detto: spositori più conosciuti, perchè il Rambaldi traduceva anch'esso nella sua latina dichiarazione: invidia prima.

112. Penso e discerno. Il pensiero esamina, e il discernimento elegge. LANDINO.

114. E trarrotti di qui, per luogo eterno ecc. Mostra come la meditazione dell' altra vita sia mezzo potente a superare i vizj, acquistar la sapienza, e pervenire al beato fine della salute. «Luogo eterno, perchè l'inferno non finirà mai. La proposizione (di questa Cantica) è qui, ma latente. Il Petrarca, imitando forse Dante, ne' Trionfi non propone. Ma la proposizione, che nell' Inferno è indiretta e ascosa, espressa

T. XVI.

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Ove udirai le disperate strida

Di quegli antichi spiriti dolenti,
Ch' alla seconda morte ciascun grida.
E vederai color che son contenti

Nel fuoco, perchè speran di venire,
Quando che sia, alle beate genti.
Alle qua' poi se tu vorrai salire,
Anima fie a ciò di me più degna;
Con lei ti lascerò nel mio partire.
Chè quello Imperador che lassù regna,
Perch'io fui ribellante alla sua legge,

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è nel Purgatorio e nel Paradiso: E canterò di quel secondo regno. Veramente quant' io del regno santo. » Tasso.

116. Di quegli antichi ecc. Qui peccaverunt ab initio seculi citra. RAMB. Antichi, cioè avanti Cristo. Nel 30.o c.° l'anima antica di Mirra; e nel 26.o la fiamma antica. CASTELV. Spiriti antichi, cioè (virgilianamente) famosi. TORRICELLI. Non pare inverisimile che il Poeta abbia voluto afforzar l'idea del dolore e della disperazione con quella del tempo da che proruppero quelle strida, senza intermissione continuate.

117. Ch' alla seconda morte, ecc. Alla (che per corruzion di lettera fu scambiato con la) scolpisce nella frase il concetto, volgendo il grido de' reprobi direttamente all' oggetto del loro disperato desiderio, giusta la sentenza dell' Apocalissi: Desiderabunt mori, et mors fugiet ab eis. Il costrutto di questo verso dipende dal precedente, come dicesse: Ciascun de' quali grida ecc. Così ne' versi del Petrarca:

Questa vita terrena è quasi un prato,

Che 'l serpente tra fiori e l'erba giace, dove la particella che supplisce a nel quale.

125. Perch' io fui ecc. Nota che dice Fui, non Sono. Così appresso: Per quello Dio che tu non conoscesti. CASTELV. Ri

per me

si

vegna.

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Non vuol che 'n sua città
In tutte parti impera, e quivi regge;
Quivi è la sua cittade e l'alto seggio.
Oh felice colui che quivi elegge!
Ed io a lui: Poeta, io ti richeggio

Per quello Iddio che tu non conoscesti, Acciò ch' io fugga questo male e peggio, Che tu mi meni là dove or dicesti,

Si ch' io veggia la porta di san Pietro,

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bellante. Dice ribellante, perchè quantunque non credesse che vi fossero più Dei, gli adorava però con esterno culto, come faceano i politeisti. Non così Rifeo (Parad. 20.) che non sofferse Da indi il puzzo più del paganesmo E riprendeane le genti perverse. E se dice (Purg. 7.): per null' altro rio, Lo Ciel perdei che per non aver fe', essendo quel rio, cioè peccato, accompagnato da tutti gli altri che ne vengono in conseguenza, ben qui si confessa ribellante alla sua legge, avendo violato quel precetto naturale: unum Deum cole. Vedi I. Corint. Neque idolis servientes... Regnum Dei possidebunt. PERazz.

127. In tutte parti impera, e quivi regge. Distingue il reggere dall' imperare. L'imperare si dice forse anco sovra coloro che non vorriano obbedire, e il reggere e il regnare par solo sovra i contenti. TASSO.

129. Che quivi. Cioè a quella gloria, come ad ivi. Castel. 132. Acciò ch' io fugga questo male ecc. In hoc tangit causam finalem hujus operis, sive hujus libri: ad fugiendum vitia et peccata in se et in aliis. E peggio: idest damnationem aeternam quae sequitur ad vitia. RAMB.

persona

134. La porta di san Pietro. Intende della porta del Purgatorio. Onde nel nono canto d'esso Purg. in dell' Angelo ch' ei pone alla porta di quello, parlando delle sue chiavi, dice: Da Pier le tenni, e dissemi ch' io erri, Anzi ad aprir

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