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del 1554 che pure è in questa Biblioteca colle altre Opere del Cantore di Laura.

Parma 20 giugno 1840.

Ho letta da capo a fondo (sì, tutta) la sesta lettera del Ch. Prof. Fabriani con piacere infinito, e sotto brevità le dico, ch' io non conosco chi abbia sin qui trattato con tanto di chiarezza, di evidenza e di filosofia il soggetto intorno a cui essa verte. Di grazia, il vegga in mio nome e gli dica per me un monte di cose di stima, e molto molto gli si congratuli in mio nome, ed il conforti a

Non lassar la magnanima sua impresa.

Il trattare le cose grammaticali tanto aride, tanto ardue, tanto nojose in modo da dilettare, istruire, e dir cose nuove in questo secolo è vanto rarissimo. Ella si tenga ben caro un sì prestante amico, e Modena ne faccia gran conto siccome ne farà certamente tutta Italia.

In grande pressa l' abbraccio, ecc.

Parma 11 giugno 1841.

CRONICA RELIGIOSA

(V. il tomo antecedente a facc. 435)

I

ITALIA

giorno 12 di novembre, nella Basilica Vaticana, fu celebrata nelle solite forme la solenne Beatificazione della serafica Vergine napolitana Suor Maria Francesca delle cinque Piaghe di Gesù Cristo, che fu Terziaria professa Alcantarina, in Napoli, sua patria, e quivi riposò nel Signore, a' 6 di ottobre del 1791, in età d'anni 77.

Sono mancati a' vivi gl' illustri e benemeriti Cardinali: Fabrizio Sceberas Testaferrata, nato in Valletta, capitale dell' isola di Malta, l'anno 1758, morto a' 3 del p. p. agosto: Alessandro Giustiniani, n. in Genova a' 7 febbrajo del 1778, m. agli 11 del p. p. ottobre: Carlo Maria Pedicini, n. in Benevento a' 2 novembre del 1769, m. a' 19 del p. p. novembre: Alessandro Spada, n. in Roma a' 4 di aprile del 1787, e quivi m. a' 16 dicembre del cadente 1843 (1). In Roma ha chiuso pure i suoi giorni, a' 25 di settembre, Monsig. Giuseppe Rosati, Vescovo di S. Luigi nel Missurì; perdita gravissima per gl'interessi della Religione Cattolica in America.

Un altro lume della religione e delle buone lettere si è estinto nella morte dell' ab. Vincenzo Bini, Lucchese, avvenuta a' 24 d'agosto nella suddetta metropoli, ove da oltre quindici anni sosteneva la carica di procurator generale della Congregazion Cassinese. Gli Annali delle Scienze religiose, de' quali era collaboratore, danno l'elenco delle opere da lui pubblicate.

(1) Nel volume precedente, a facc. 435, ov'è annunziata la morte dell'altro Cardinale Giacomo de' principi Giustiniani, si dovea stampare ch'egli era nato del 1769 (non 1796), e che fu promosso alla sacra Porpora nell'anno 1826 (non 1816).

-Sono stati aggiunti all'indice delle opere proibite i seguenti libri. La Religion constatée universellement, à l'aide des sciences et de l'érudition modernes. Par M.... de la MarÈ picciol dono ma te l'offre il cuore: Strenna pel capo d'anno. Amschaspands et Darwan, par Lammennais. Essai sur la formation du Dogme Catholique.

ne.

Pastoral del Obispo de Astorga al clero y pueblo de su diocesis; Madrid 1842. -Lettera sulla direzione degli studj; Ginevra 1843, già condannata con Breve Pontificio de' 5 agosto (2).

(2) A proposito di questa Lettera, uno de' nostri Collaboratori ci comunica la seguente nota:

« L'Amico Cattolico di Milano nel Fascicolo I di Novembre 1843 pag. 348 pubblica il Breve Pontificio di proibizione del libro intitolato Lettera sulla direzione degli studj, di Francesco Forti. Ginevra 1843, e vi aggiunge un sunto dell'articoletto da me pubblicato intorno a quell' opuscolo nel Fascicolo 45 della Continuazione delle Memorie di Religione ecc. A questo sunto il giornalista milanese pone termine colle seguenti parole: « Noi nel mentre amiamo credere e far conoscere il ravvedimento << del Forti, non possiamo lasciare di esprimer rincrescimento che l'Autore << dell'articolo (pubblicato a dir vero prima che uscisse il Breve Pontificio), « spinto forse da amicizia, non trovasse pericoloso il libro che per piccola « classe di persone. Vogliamo giudicare della persona del Forti dietro << la testimonianza del sig. Veratti; ma del libro, certamente dal Breve « Pontificio ».

« Se il manifestare intorno ad una dottrina o ad un libro un'opinione opposta alla sentenza del Sommo Pastore della Chiesa dopo ch'egli abbia parlato, è colpa gravissima per un cattolico; l'averla manifestata prima sarebbe una disgrazia che meriterebbe in vero il caritatevole rincrescimento degli altri cattolici, ma nella quale è assai meglio di non essere incorso. La natura pertanto dell'imputazione con sì buon garbo datami dall' Amico Cattolico, vuole da parte mia una rettificazione, che in brevi parole io farò, anche perchè parmi questo uno di que' casi in cui l'omettere la propria personale difesa potrebbe sembrare con iscandalo altrui disistima o della cosa rimproverata, o della persona rimproverante.

<< Premetto che l'Amico Cattolico non mi accusa in realtà d'aver giudicato erroneamente del valore intrinseco del libro di Francesco Forti, benchè le ultime sue parole sieno un po' troppo generiche ed assolute : ma solo, e gentilmente, mi rimprovera di non averlo trovato pericoloso che per piccola classe di persone. Io aveva scritto: « Se meschinissimo e

La data di Ginevra, che porta quest' ultimo scritto, è una delle consuete ciurmerie degl' italiani Editori di libri perversi. Il materiale tipografico tradisce il mistero di connivenza e d'infamia onde le diaboliche fucine stabilite al di qua dell' Alpi sanno ormai disgradar le straniere. Questo fatto si è meglio chiarito nella recente pubblicazione di una velenosa tragedia, ove lo spirito della irreligione si disputa gli onori con quello della calunnia. Quanto al Forti, giova sapere ch'egli morì da buono e sincero Cattolico, nè aspettossi a quel punto

< veramente indegno è il suo lavoro (del Forti) non può essere perico« loso se non per gl'ignoranti presuntuosi e per gli sciocchi (che forse « è tutt'uno) ». Che gli sciocchi e gl'ignoranti presuntuosi formino di fatto una piccola classe di persone, io non lo sapeva e non lo so: ma certo l'Amico Cattolico non ha riferito con esattezza il mio concetto riducendo ad una piccola classe la schiera innumerevole degl'ignoranti

E l'infinita turba degli sciocchi.

Io era sì lontano dal prevedere che alcuno potesse intendere in tal modo il mio pensiero, che intanto io avea creduto opportuno di dare al pubblico un breve cenno della nequizia dell'opuscolo del Forti, in quanto era stato assicurato che gli si procacciava gran numero di lettori ed ammiratori per mezzo di quelle arti che sogliono dar voga a' libri siffatti. Se io distinsi con tutta accuratezza ciò che riguardava la persona del Forti, da ciò ch'io credea dover dire del suo libro, non fu per cagion d'amicizia, chè niuna relazione ebbi io mai col Forti, nè colla sua famiglia; fu soltanto per amore di verità e di giustizia. E se dissi che il suo libretto non poteva essere pericoloso se non per gl' ignoranti presuntuosi, ciò fu perchè in realtà mi sembrò che niuna persona assennata e dotta potesse dalla lettura di quel libro ritrarre il menomo nocumento. I libri, che per tal fatta di lettori sono pericolosi, son quelli di un evidente merito scientifico o letterario, ne' quali insieme a molte cose giuste, vere e profonde, si frammette il germe d'uno o più errori, che solo a grande pena e con molto studio vi può essere scorto e sceverato. Ma libri per tal modo pericolosi nè il Forti, nè forse alcun altro scrittore può comporne a 19 anni di età essi vogliono non meno grandezza d'ingegno che maturità di vita; e assai di rado si presenta a Chiesa santa di tali libri da condannare e da proibire. L'ordinaria proibizione de' libri è stabilita e diretta a vantaggio non degli ignoranti che non leggono e non intendono, e pe' quali di conseguenza i libri non sono nè buoni nè cattivi, nè utili nè pericolosi, ma nulli; nè delle persone veramente istruite e nelle quali il sapere è

per detestare i suoi giovenili errori, de' quali era pienamente ravveduto, mercè la grazia Divina e lo studio di sane opere, massime di quelle di S. Tommaso d'Aquino. Egli meritossi in vita, coll' aperta sua professione di pentimento e di fede, il dispetto e la nimicizia de' malvagi amici di sua prima gioventù, ed attirossi questa vendetta postuma nella pubblicazione per essi procurata di un manuscritto perfidamente sottratto alla distruzione cui l'avea condannato l'autore. Il Balì Anton Cosimo ed il Canonico Pietro, Vicario generale capito

divenuto saggezza (perchè a queste la S. Sede non niega anzi la licenza di leggere i libri proibiti); ma sì per tutti quelli che si trovano fra questi due estremi, della sapienza e della ignoranza assoluta. Ora questa classe di persone io denotai col nome d'ignoranti presuntuosi; perchè l'ignoranza e la presunzione mi parvero inseparabili e naturali caratteri di chiunque più o meno istruito, non arriva però a quella pienezza e solidità di sapere e di senno che formano il vero dotto, e il vero saggio. In ciò forse fui troppo poco cortese verso persone stimabili per tutt'altro che pel criterio loro in fatto di scienze e di lettere; ma per fermo non si può dire ch'io abbia scritto o pensato che nella attuale diffusione degli elementi del sapere sia piccolo il numero di coloro che non sono più ignoranti del tutto e che non son giunti, e forse non giungeranno mai ad essere veramente dotti; e pei quali di conseguenza esser deve pericolosa più o meno, relativamente, la lettura del libro assolutamente cattivo del Forti. Fra le persone che non son giunte ad essere veramente dotte, benchè possano divenir tali, sono per fermo i giovani: ora il Breve Pontificio nell'accennare i danni temibili dall'opuscolo del Forti ed i motivi di temerli, annovera la piccolezza della mole, e la tenuità del prezzo per le quali può più facilmente andare nelle mani di TUTTI (e così di que' tanti che son capaci di rimanerne sedotti) per avvelenare qualsivoglia studio, per corrompere la GIOVENTÙ d'ogni età, ordine, e condizione, e per atterrare, se fia possibile la Religione (V. il Breve nel Diario di Roma N. 63 8 agosto 1843 e nel Foglio di Modena N. 223, 21 agosto 1843). E tutto ciò sia detto riguardo alla intrinseca qualità del libro condannato, cui solo mirava l'articolo mio, e quello dell'Amico Cattolico; e lasciando da parte quelle estrinseche circostanze che potevano rendere più pericoloso, o pericoloso per più classi di persone il libro condannato, e meritargli per ciò dalla vigilanza del Sommo Pontefice più solenne e più grave riprovazione ».

« B. VERATTI »

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