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di Piantanida, di Bruni, di Georget, di Falret, i quali hanno ritrovato il cranio denso compatto passato allo stato eburneo in persone sane, e morte per tutt' altra malattia; come in altre datesi a volontaria morte videro le ossa del cranio deboli, assottigliate, od in istato normale (72). Il dire con Albers, con Osiander, con Corvisart, che il suicidio è prodotto da infiammazione del cuore, o degli organi abdominali (73): con Broussais da irritazione o flogosi cerebrale (74) con Cazanvielh da organica disposizione del cervello, e quindi da fisiche potenze (75) egli è quanto Fossati, Equirol, Fovillé Falret, Levret hanno dimostrato in molti casi erroneo ed insussistente, smentendo una tale opinione come soverchiamente esclusiva (76). Nè scorgo abbastanza ragionevole e provata l'opinione del benemerito Carminati, il quale dall' encefalite lenta, o cronica ha ripetuto quarantadue casi di suicidio avvenuti in Milano negli anni 1828-29 (77). Poichè la flogosi cerebrale è non di raro effetto, complicazione, o conseguenza piuttosto che cagione assoluta della pazzia, la quale conduce al suicidio (78). E per quanto di valore accordare si voglia alle alterazioni patologiche rilevate nei cadaveri dei suicidi, queste a giudizio di Fossati, di Esquirol, di Levret, o sono accidentali, o complicazioni, o corrispondenti alla stessa infermità, che sollecitò il suicidio (79). Anzi non mancano osservazioni raccolte da Gius. Frank, da Esquirol, d'onde risulta che in alcuni cadaveri di suicidi mancava qualunque alterazione primitiva: ed in altri le rinvenute lesioni interessavano tutt' altro apparecchio, fuorchè il cerebrale, od erano

puramente accidentali, e senza nemmeno corrispondere a quella stessa cagione, la quale favoriva la genesi, o la tendenza al suicidio (80). Forse l'anatomia patologica non è pervenuta ancora a tanto da conoscere l'intima tessitura, ed il modo di agire dell' organo, dove le nostre più sublimi facoltà hanno sede. E qual occhio mai ha potuto in quella nobil parte discernere costante alterazione corrispondente a costante malattia! Per cui forza è di confessare, che le troppo variate risultanze rilevate da moltissimi osservatori coll'anatomia patologica hanno molto scemata, anzi resa pressochè vana la speranza di potere stabilire per mezzo di materiali alterazioni la cagione prossima, o la essenza del suicidio. Anzi tutto quanto è stato detto intorno questo genere di morte prova ad evidenza, che unica non è la cagione del medesimo: poichè questo funesto fenomeno si osserva in circostanze opposte, e quivi abbiamo la stessa incertezza, come nelle malattie mentali in generale.

Ma si ammetta pure il suicidio cagionato, e prodotto da organica disposizione del cervello, da flogosi, da materiale alterazione del medesimo, e quindi sotto il dominio patologico, non rende perciò sufficiente ragione, perchè questo genere di morte sia divenuto in questi tempi cotanto frequente: perchè avvenga senza il concorso di qualunque patologica influenza, e perchè si osservi sovente in una classe di individui a preferenza di un' altra. Per la qual cosa interessa di cercarne la genesi, e la provenienza nelle potenze morali, e specialmente in quelle che snaturano e perturbano l'in

tendimento a segno di condurre all' eccesso della follía, cioè al suicidio. Anzi osserva Falret, che in ogni tempo, in ogni caso di questo genere di morte si potè riascendere a cagioni morali, di cui è figlio (81). Nè diversamente pensando l'amico e collega Meli stabilisce, che il suicidio è sempre effetto di una malattia dello spirito, o per lo meno di un particolare disordine, o di una particolare allucinazione dell' intelletto (82). Nella quale opinione convenendo pure Esquirol, soggiunge essere la volontaria morte il tristo risultamento di una mentale affezione, di un delirio acuto o cronico con averne tutti i caratteri (83). E Girelli amico e collega, quand' anche ammetta, e veda nella pazzia una malattia fisica per indole, per fondamento morboso pari a tutte le altre, non può a meno di ripetere il suicidio da una forte momentanea violenta alterazione delle facoltà intellettuali (84). Ammesso il quale concetto eziologico ne consegue, che la sede del suicidio sta per lo più nell' organo delle facoltà intellettuali, piuttosto che nella materiale sostanza del cervello. E quand' anche siffatte facoltà abbiano stanza nell' organo encefalico, ragione vuole, e l'esperienza insegna di non confondere i fatti materiali coi psicologici, e molto meno di collocare nella polpa nervosa la sede, e l'atto del suicidio (85).

Perciò quella predominante sensibilità individuale, quel modo particolare di sentire, quella prevalenza della vita sensifera sovra la vegetante, che predispongono alle mentali affezioni, favoriscono ben anco la spaventevole inclinazione al suicidio (86). Quella educazione di troppo compiacente fermentata

dalle idee di voluttà, di debolezza, di intolleranza per ogni male fisico e morale ispira nel giovane cuore la noja, il disgusto, il disprezzo della vita a segno da finire per qualunque cagione, anche lieve, col suicidio (87). Quell'eccesso di civilizzazione che fomenta, esalta il cervello, che suscita violente passioni, che aumenta le cagioni dei dispiaceri, conduce l'uomo, allorchè divenuto incapace di porvi riparo, alla disperazione, alla volontaria morte (88). E quelle veementi passioni, e molto più le sociali, cui si danno in preda gli uomini dotati di grande suscettibilità, hanno il loro furore da trasportare persino al suicidio (89).

Ma sovrattutto ed a preferenza ancora delle esposte cagioni hanno in questi tempi aperta la strada al suicidio i vizj del giuoco, e le considerevoli perdite fatte nel medesimo (90): il freddo egoismo, il quale ha disseccate le sorgenti tutte del sentimento, e dell' affezione per la vita (91): i progressi della libertà (92): le tremende scuole di Byron, di Victor Ugo, tendenti amendue a dilaniare, e spaventare l'animo dei leggitori colla pittura di misfatti atrocissimi, di visioni, di morti studiate (93): i romanzi, che versano il veleno in tutte le classi, in tutte le età dal giovane sino al vecchio (94): i libri che vantano il disprezzo della vita, e proclamano i mentiti vantaggi e le glorie della morte volontaria (95): ed il teatro divenuto scuola di immoralità, il quale alla calda immaginazione degli spettatori rappresenta impunito il vizio, trionfante la vendetta la crudeltà, offre quadri sparsi di lutto, pugnali intrisi di sangue, eroismo in cuore macchiato di delitto,

e fa del suicidio un atto non solamente volontario, ma ben anche onorevole, e coraggioso (96). E siccome a questo genere di morte si danno pur anco individui gravi ed eminenti in società, ne consegue che gli uomini acquistano una favorevole disposizione a tale varietà di delirio, la quale disposizione diventa ancora più forte pei numerosi esempj, che vediamo pressochè ogni giorno ripetuti nei foglj periodici, i quali alimentano la pubblica curiosità. In tale maniera gli uomini si familiarizzano coll' idea del suicidio e della morte a segno che per effetto di cattivo esempio, e per forza di perversa imitazione giungono a troncare la propria esistenza (97).

Nè minore influenza esercita nel predisporre, e nel condurre a volontaria morte la irreligione (98), o per meglio dire lo spirito di incredulità prodotto dalla mancanza della fede, e delle credenze religiose (99): l'ignoranza della religione (100) e l'abbandono della medesima, la quale più non guidi la ragione in mezzo ai travagli della vita (101). Le quali indicate cagioni non determinano immediatamente il suicidio, ma perturbando le funzioni intellettuali predispongono al medesimo, o ne promovono lo sviluppo: per cui l'individuo privato della coscienza di se stesso, nè più trattenuto dal conforto della religione giunge all' eccesso della follía con togliersi ad un tratto la vita. Per simili ragioni anzi per siffatte luttuose verità, chiaramente si comprende perchè il suicidio non fu giammai cotanto spaventevole, e frequentemente ripetuto quanto nell' età presente, per essersi di soverchio

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