DI S. A. R.
IL GRANDUCA DI TOSCANA
A te principium tibi desinet...
Virg.
Vedi, o Signor, sfrondato e inaridito
Il lauro ond'io le bianche tempia cingo, Ed alle Muse ancor puoi farmi invito? Non sai che sproni all'obliato arringo Un vecchio corridor che già vien manco Nel corso, e a stento trae l'ansante fianco?
Tu, che sovente con gentil favore Animando cortese il canto mio, Più m'accendesti che l'Aonie Suore, Sai se agl' inviti tuoi corsi restío, Quando alzando lo stil da Te inspirato Quasi all'eroica tromba osai dar fiato. (1) Fatto di me maggior su rozze rime
Del Tosco Regnator già l'immortale Augusto nome alzar tentai sublime Di Gloria al tempio: alle mie debol❜ale · Ardimentose oltre il natío costume Tu porgesti, o Signore, allor le piume: E allora intorno a me qual suol l'alata
Famiglia degl'insetti al nuovo maggio Librar le tremule ali entro l'aurata Onda, e nuotar (2) nel mattutino raggio, Le belle idee compagne de'begli anni Battean leggiere i colorati vanni. Tutto tutto cambiossi: il Veglio edace La fredda man sopra di me distese, E istupidì l'immaginar vivace; E quelle fiamme giovenili accese De'mobili estri amabile alimento, Dell'età, delle cure il gelo ha spento.
Così volcan, che già versò dal cieco Grembo accesi torrenti, e poi s'estinse, Resta obliato, del deserto speco L'edera i massi affumicati avvinse, Vi posa il gregge, e il pastorello i sassi Vi scaglia, e al rimbombar stupido stassi. Dunque mentre di Marte la tempesta L'Austriaco Giove con un sol divino Lampo del suo real sembiante arresta, E dell'etrusco suol fissa il destino, Mentre due Piante Auguste Imen congiunge, Eun doppio e nuovo innesto a'vecchjaggiunge: Mentre sul nodo fortunato e grande
Pende Europa giuliva spettatrice; Mentre di cento lire il suon si spande, E rimbomba dell'Arno ogni pendice, E mentre Tu, o Signor, m'inviti al canto Muto ed inerte io resterommi intanto? Ma m'inganno? o mi sembra appoco appoco, Che per le fredde fibre, e per le strade Quasi obliate entri di Febo il fuoco? Già un vigor nuovo il petto mio pervade: Non m'ingannai, le voci tue son use Sulle mie labbra a richiamar le Muse.
Salve di Febo aura sacrata! o madre Di vaga prole, al tuo gentil respiro Le figlie tue le immagini leggiadre D'Aonii fior spargermi intorno miro Lucida pioggia, che rotata e mista Sempre nuovi colori apre alla vista. E quale in mezzo a musical concento Muover veggio ver me forma celeste? Bionde ha le chiome ed ondeggianti al vento; L'agili membra trasparente veste
Non scopre affatto, e non affatto cela,
Qual rara nebbia al Sol la faccia vela. Serto ha di lauro e mirto intorno al crine, L'ostro del volto sulla neve brilla,
E qual la Dea che uscì dalle marine Spume nell'occhio tremulo sfavilla, Che irrequieto e celere discorre,
E a un punto e cielo, e terra, e mar percorre. L'aria s'indora delle scosse piume
Al tremolante lampo, e par che acquiste Il Sole in faccia a lei novello lume; Ovunque passa in colorate liste Gli azzurri campi a sè d'intorno tinge, Quai sulle nubi Iri talor dipinge.
Ti riconosco o bella genitrice De'carmi, o Fantasía vivace! e donde Or muovi il vol? forse dal suol felice Che l'Eridano altier bagna coll'onde, Ove usa sei di corre i fior the intorno Spuntan d'Ariosto al gelido soggiorno? O da Ravenna, ove tra i freddi marmi Posò la stanca salma, e il lungo esiglio Fini l'autor de'più sublimi carmi, Di Flora il grande e sventurato figlio? O da quel colle dove inonorato
Roma soffre che giaccia il gran Torquato? (3) Volea più dir: ma l'auree chiome scosse, Che d'ambrosia spirár celesti odori, L'imagin vaga, e in suon la voce mosse Come zefiro suol quando tra i fiori, E tra le fresche rugiadose foglie Le placid'ali in sul mattin discioglie; Oggi non suoni il plettro tuo leggiero
E le pompose inezie, e i vaghi nienti, Canta dell'Austria il contrastato Impero, D'Etruria le vicende, e i lieti eventi: E a un cenno mio la luminosa tela Davanti agli occhi tuoi s'apre e si svela.
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