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rono contro. Il Monti, sdegnatone a ragione, rivide il pelo a' suoi nemici con questo sonetto famoso ch'io stimai ben fatto riportar qui tal quale nel primo impeto uscì della penna dell'autor suo, e di quel modo ch'ei forse lo lesse agli amici; poichè egli scriveva al Savioli « i versi che la mia bile ha gittato io non gli ho pubblicati, ma solamente letti, e la sola lettura ha talmente disanimati costoro, che la maggior parte ha cercato di pacificarsi meco ed ha interposto ogni sorta di mediazioni, ecc. » Questi versi furono poi riforbiti dal Monti, acccresciuti e pubblicati a quel modo che li abbiamo dati nel nostro volumetto delle Liriche a pag. 263; e a quelle parole sovrappostevi di san Paolo sostituì poi que'noti versi d'Orazio: « Qui me commorit (melius non tangere, clamo) Flebit et insignis tota cantabitur urbe. » A questa prima bozza del sonetto ho voluto aggiungere le note che gli dan come la vita, e che anche dopo il volgere di tanti anni possono piacere e importare a' lettori.

19 Il Mallio, già segretario dell' ex-prelato Soderini. Piccolo, brutto, accigliato, scroccone e finto amico del poeta; poi detrattore e plagiario; autore di una pessima tragedia intitolata l'Azzodino, che ebbe vita e morte sempiterna nella stessa sera al teatro Capranica.

MONTI. Persio ec.

30

20 Aldebrando Fogli di Comacchio, balbuziente, nullità poetica: persecutore, in ogni accademica adunanza del venerdì santo, di Pilato, cui scagliava contro sonetti.

21 Un tal Francesco Martini ragioniere del banco di Santo Spirito, maniaco e ridicolo poeta degno di disprezzo.

22 Abate Matteo Berardi, di bassissima nascita, brutto, di voce stridula, leguleio cencioso e miserabile, e sentenzioso fino alla pedanteria. Doveva il cangiamento del suo stato unicamente al Monti, di cui si fingeva amico, e contro cui scrisse.

23 È tanto turpe l'accusa data a costui, che in tutte le copie del sonetto trovo taciuto il suo nome; e nella stessa bozza del Monti si asconde sotto le solite cifre dell'anonimo N. N. In un'antica copia lo trovo additato pel segretario di Bracciano, ossia di quel duca che era un Odescalchi, e finalmente in un'altra copia trovo il suo nome che fu Pasqualoni. 24 Il prete Tanganelli, segretario del diffamato marchese Vivaldi.

25 L'ex-gesuita Antonino Galfo.

26 Il curiale Colizzi.

27 Un plebeo poeta per nome Moirani, anch'egli ex-gesuita (spesso tristi, anche a' no

stri giorni questi ex) gran frequentatore d'una bettola detta di Ascanio.

28 Il padre Erba zoccolante veneto, cattivo improvvisatore.

29 I Casali segretario del principe Chigi, pessimo rapsodista di drammi teatrali.

30 Nella bozza originale del Monti dopo questo verso, il sonetto segue così:

<< Di questi l'orma imprime

Il mietitor di barbe, ecc. >>

tralasciando così dodici versi, i quali è chiaro che dal poeta furono aggiunti dopo; e così non furono frodati della loro mancia e le bestie di Cirra e il degno sagrista.

31 Adunanza chiamata dei Forti, che aveva la sua sala vicino alle stalle Chigi.

32 Monsignor Cristiani sagrista di Pio VI. 33 Aggiungo la Prosopopea di Pericle come fu stampata in Roma l'anno 1780, e come sta ancora nel museo Vaticano, sopra una tavoletta, dietro il busto di Pericle; molto diversa da quella che demmo a pag. 189 del nostro volumetto delle Liriche.

FINE.

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